Caltrano

CaltranoCaltrano è comune che stende il suo territorio nella fascia sud-ovest della Pedemontana Vicentina, laddove i primi risalti dell’Altopiano di Asiago si affacciano alla valle dell’Astico. L’abitato nasce infatti in epoca preromana presso un guado sul fiume e deve la sua storica rilevanza a questa collocazione strategica. Successivamente fu protagonista della cristianizzazione della zona attraverso la chiesa dell’Assunta, “pieve e matrice” di tutte le chiese del versante orientale della valle e dell’altopiano.

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El formajo nel pignato di Caltrano

La parsimonia è virtù tipica del contadino, specie quando la natura non regala nulla. È il caso della montagna, dove ogni prodotto costa fatica e dunque viene utilizzato senza spreco alcuno. Così accade pure per il formaggio: il migliore destinato al mercato e quello che ha qualche difetto all’autoconsumo.

Il contadino parsimonioso s’ingegna allora per recuperarlo, sminuzzandolo nel pignato, un contenitore di coccio, e poi bagnandolo con vino bianco; quella che segue in cantina è una fermentazione che nel giro di qualche tempo restituisce una sostanza cremosa dal sapore piccante, da spalmare sul pane o da mangiare con la polenta, deliziosa per i palati avvezzi ai gusti forti. C’è chi aggiunge delle spezie, a partire dal pepe, e chi aggiunge anche un po’ di grappa. In tempi di grande povertà c’era chi metteva nel pignato anche le croste e si dice che il risultato fosse ancora migliore.

Oggi si usano saporiti formaggi di malga e non si lesina certo sul vino, scegliendo fra gli ottimi bianchi di Breganze. Ormai il formajo de pignato è prodotto da buongustai, che possono degustarlo ai primi di febbraio, durante la festa del patrono San Biagio, o la terza domenica d’ottobre, festa del Ringraziamento, quando addirittura diventa protagonista di un concorso tra i casari della valle.

La mela rosa di Caltrano

Li chiamano “casoni” e solo nel territorio di Caltrano ne sono stati censiti sessantasei. Sono gli edifici rustici, dagli spessi muri di sasso, che punteggiano il versante pedemontano fino a 800 metri di quota circa. Un tempo erano il fulcro delle attività agropastorali, ma oggi, nella maggior parte dei casi, sono abbandonati e per questo il comune ha proceduto al loro censimento nella speranza di poterli recuperare non solo dal punto di vista edilizio, ma anche nel loro ruolo di presidio del territorio.

In tal senso va interpretata l’iniziativa, in collaborazione con la Provincia, che ha visto l’impianto di un meleto sperimentale presso alcuni casoni in località Pianezze e Caorso: alcune centinaia di piante di un’antica varietà montana, – la mela rosa, detta anche pomo gentile o pomo de la rosa – a frutto piccolo e tondeggiante, di polpa croccante e profumata, acidula e fresca, di prolungata conservazione, fin quasi a maggio.
Questo frutto è stato scelto non solo per salvare dall’oblio una varietà autoctona, selezionata nei secoli dai valligiani, ma anche per rivitalizzare un ambiente che ha potenzialità turistiche nella più attuale visione di questa attività. Con la prospettiva di fare dei casoni luoghi di vacanza dove i più giovani possano venire a contatto con la natura e con quelle tradizioni che rischiano di perdersi, soffocate dai rovi dell’abbandono.