Il territorio di Santorso occupa lo spicchio meridionale delle pendici del monte Summano e parte della pianura attraversata dalla pedemontana di collegamento tra la città di Schio e il centro di Piovene Rocchette.
Dall’alto di 1296 metri il monte conclude la dorsale di spartiacque tra le valli del Leogra e dell’Astico e il fatto che Santorso sia pressoché equidistante dai centri limitrofi non è casuale perché la sua origine si fa risalire a un importante ‘castrum’, ovvero a un insediamento militare romano collegato all’antica Vicetia con una strada diretta che fece da cardine alla centuriazione di questo tratto dell’alta pianura. E probabilmente non è casuale neppure il fatto che ai piedi del Summano, montagna così centrale nel paesaggio vicentino con il suo inconfondibile profilo sdoppiato, probabile sede di un culto preistorico e poi di un tempio pagano, s’innalzino i campanili non solo del santuario di Sant’Orso, che in età medievale ha dato il nome al comune, ma anche di altre due chiese dedicate alla Madonna, la Parrocchiale dell’Immacolata e il Santuario del Monte Summano, a ridosso della cima. Storia a sé ha invece la scenografica villa Rossi, eretta nella seconda metà dell’Ottocento dal fondatore dell’omonima industria laniera di Schio, Alessandro Rossi, fautore di una progresso non solo economico ma anche sociale negli anni densi di aspettative dell’Unità d’Italia. L’incarico viene conferito ad Antonio Caregaro Negrin, architetto vicentino noto soprattutto nel campo della progettazione paesaggistica, che a Santorso attorno a un articolato edificio d’ispirazione pompeiana imposta non solo un parco romantico animato da acque sorgive, ma anche un podere modello su una superficie di 50 ettari, digradante fino alla strada nel piano e punteggiato di costruzioni rurali. È nel perimetro di questo settore che sorge oggi il complesso didattico-turistico detto «Oasi Rossi», una sorta di grande laboratorio per l’educazione ambientale avente come principale attrazione una grande serra per piante e farfalle tropicali.