Notizie dai Comuni De.Co. vicentini

Il pane del contadino

Il pan biscotto è un prodotto da forno tipicamente veneto, di lunga conservazione, secco e friabile, tradizionalmente cotto a legna in due fasi: la prima, per una parziale cottura, senza cioè che le pagnotte prendano colore e facciano crosta; la seconda, a temperatura minore e prolungata fino a 40 ore per ottenere una disidratazione pressoché completa che all’incirca ne dimezza il peso. In passato questo trattamento era finalizzato a ottenere un pane serbevole da imbarcare sulle navi di gran cabotaggio della Repubblica di Venezia, che già nel 1280 istituì un’apposita magistratura per sovrintendere alla produzione di una derrata così fondamentale. La stessa esigenza, anche se in misura minore, si aveva nelle contrade di campagna, al tempo in cui il pane si faceva nel forno comunitario ogni quindici giorni per sfruttare al meglio la gran quantità di legna richiesta dalla sua accensione. Riposto all’asciutto – ogni casa aveva una madia proprio allo scopo – il pan biscotto poteva conservarsi tal quale per mesi. Così era sempre disponibile: per uno spuntino sui campi, con il formaggio o la sopressa; per intingerlo nel latte o nel vino; per far zuppa nel brodo; lo si mangiava perfino con l’anguria. E poi nella più semplice delle minestre, la ‘panà’, ammollato nell’acqua o nel brodo e cotto indefinitamente su un angolo della cucina economica, con un giro d’olio quand’era già nella scodella. Prodotto da forno ubiquitario, conta una certa varietà di forme, dalla ‘ciopa’ alla ‘coppia ferrarese, e anche differenti scuole di pensiero per quel che riguarda la consistenza, con frattura croccante o friabile, omogeneo o a scaglie. Quanto a Costabissara, il pan biscotto si distingue grazie ad alcuni forni artigianali che mantengono viva la tradizione degli zoccoletti biscottati, che hanno forma a mattoncino e peso variabile tra i 30-40 grammi: un pane biscottato che suscita immediata simpatia per il formato, – “tutte le cose piccole son belle”, recità un motto di saggezza orientale, – ma ricercato soprattutto per la sua consistenza, finissima, simile a quella di una spumiglia, sotto una crosta molto sottile.

La sopressa

La sopressa è un salume tipicamente veneto, che si distingue a prima vista per la fetta di dimensioni ben superiore alla media, cui corrisponde un insaccato che di norma non è inferiore al chilo e mezzo di peso e non di rado raggiunge i sei-sette chili, cui corrispondono lunghezze comprese tra i 35 e i 60 centimetri. Non è una scelta fine a se stessa, perché in passato le sopresse dovevano durare a lungo, anche un anno, fino cioè alla produzione successiva, e per non asciugarsi più del dovuto richiedevano adeguato calibro. Il notevole diametro fa sì che la maturazione dell’insaccato sia scandita da una doppia fermentazione, cui si deve tanto la consistenza dell’impasto, particolarmente morbido, quanto la sua rotondità di sapore. Che gli ingredienti siano di prima scelta lo si intuisce al primo assaggio, – tagli di coscia e spalla, lombo, coppa, pancetta e grasso di gola, – a testimonianza della considerazione che si è sempre avuta di questo salume. Particolare è anche la speziatura, – un misto di pepe, chiodi di garofano, cannella e rosmarino – con l’eventuale aggiunta di aglio per chi apprezza gli aromi più intensi. Quanto alla stagionatura, come in tutte le migliori produzioni, molto dipende dal clima locale per quel che riguarda giro d’aria e grado di umidità. Venendo al caso dei produttori di Costabissara, quel che si verifica è un eccezionale allineamento di fattori favorevoli: lo svolgimento in loco dell’intera filiera del maiale, allevato con mangini di produzione aziendale; la grande tradizione locale e la mano particolarmente esperta di chi lavora le carni; l’eccezionale vocazione agricola del luogo per qualità dei suoli e clima. Potendo avere una visione a volo d’uccello del territorio, si noterebbe come ai margini dell’abitato si stendano delle zone rurali che vanno a incunearsi tra le pieghe di una dorsale boscosa. È ancora oggi una visione di antica bellezza, che trova persino riscontro archeologico, essendo zona di insediamenti agricola d’età romana; una varietà di scorci, dal piano alla collina, cui corrisponde una versatilità produttiva, che si esprime compiutamente proprio nella produzione salumiera.

L'avannotto

Scrive il Candiago, nei suoi «Itinerari Gastronomici Vicentini»: «Tesina: corso d’acqua in cui si pescano le trote fario e iridea»; le prime, indigene dei corsi d’acqua sorgiva; le seconde, allevate per il consumo e la pesca sportiva. Ma non solo, perché a proposito del suo affluente Tergola, che nasce proprio in territorio di Bolzano, aggiunge: “corso d’acqua in cui in cui, oltre alle trote, vi si pescano le carpe, le tinche, i lucci e le anguille.” Questa, dunque, era la felicissima situazione nei primi anni Sessanta, quando varie trattorie, – «Dalla Rosetta, Dalla Silvia», «Da Grego» – erano rinomate per “i marsoni che si servono con la polenta”, ovvero certi saporitissimi pescetti di risorgiva di cui si faceva frittura. Questi ghiozzi di fiume, più propriamente chiamati scazzoni (Cottus gobius), sono oggi rarefatti e si stanno sperimentando metodi d’allevamento sia per rinforzarne i contingenti naturali sia nella prospettiva di riproporli in tavola. Nel frattempo una proposta alternativa è arrivata dagli esperti allevatori di trote del posto, un fritto d’avannotti che non ci ha messo molto ad affermarsi come specialità locale. Una pensata tanto semplice quanto geniale: allevare la trota non per tre anni, dalle uova fino alla consueta taglia commerciale, ma fermarsi ai tre mesi, ovvero a 5 centimetri di lunghezza, destinando gli avannotti alla padella, oppure a 12 mesi, ovvero a 10-15 centimetri, per la preparazione in ‘saor’, ovvero in marinata agrodolce alla veneziana. Le occasioni per promuovere questi piatti non mancano, a partire dalla Sagra dei Ss. Fermo e Rustico, titolari dell’antica chiesa di Crosara, che si tiene ai primi d’agosto, quando la Pro Loco di Bolzano Vicentino organizza una straordinaria frittura di piazza. Tenendo fede a un antico detto, gli avannotti nascono nell’acqua e muoiono nel vino, con specifica raccomandazione per il Pinot Grigio Doc «Tergola» prodotto per l’occasione dalla Cantina Beato Bartolomeo da Breganze: il nome in etichetta si riferisce al luogo di nascita degli avannotti, le risorgive attorno all’ex mulino Pigato-Orno, oggi convertito ad acquacoltura;per scorgerne il vigneto basta alzare lo sguardo verso la Pedemontana e per chiudere il cerchio basti ricordare che a impiantarlo furono gli stessi Benedettini delle bonifiche della pianura di Bolzano. La sagra di Crosara non è l’unica occasione per assaggiare la frittura d’avannotti, che in breve tempo è diventata una delle attrazioni di varie feste circumvicine, approdando addirittura alla ribalta nazionale in occasione della fiera «Slow Fish» di Genova.

Miele Valchiampo

È molto significativo che nella «Guida Gastronomica d’Italia» edita dal Touring Club Italiano nel 1931, prima nel suo genere, a proposito delle produzioni tipiche della provincia di Vicenza sia fatto esplicito riferimento al miele di Marana. La località in oggetto è la frazione montana del comune di Crespadoro, 791 metri di quota, alla testata della valle del Chiampo, e prende nome dalla vetta che domina il comprensorio, Cima Marana, 1554 metri, al margine della Catena delle Tre Croci, nel pittoresco quadro delle Piccole Dolomiti di Recoaro.

Senza la pretesa di un sostegno scientifico, lo si potrebbe prendere come un segno della vocazione apiaria dell’intera valle, che in effetti vanta un patrimonio floristico di prim’ordine. “E' piccola e profonda come uno scrigno,” – trenta chilometri di lunghezza, da nord-ovest a sud-est, e mai più di sei di larghezza, – “ma fertile, ventilata, salubre e tanto amena. Non per nulla fu così cara agli uomini fino dalla remota preistoria”: a descriverla potrebbero bastare le affettuose parole del francescano Aurelio Menin (1917-1973), singolare figura di prete naturalista e paleontologo da Chiampo, ma il suo valore ambientale è confermato anche dalla recente inclusione dell’alta valle nel Parco Naturale della Lessinia.

Va da sé che un ambiente così intatto sia l’ideale per la produzione di miele, che in effetti vi è documentata fin dai secoli passati. In termini odierni, quando si parla di Miele Valchiampo De.Co., ci si riferisce ai nove comuni che s’incontrano risalendo dalla pianura: Montebello Vicentino, Zermeghedo, Montorso Vicentino, Arzignano e Chiampo, che segna il passaggio nell’alta valle con Nogarole Vicentino, San Pietro Mussolino, Altissimo e per l’appunto Crespadoro.

La produzione ha tempi dettati dalle fioriture: quella dei ciliegi, nelle zone interessate da questa coltura attorno a Chiampo, dalla quale risulta un miele di colore ambrato e aroma ammandorlato; quella del tarassaco, che per primo inonda di giallo prati e vigneti, portando a un miele dal colore dorato di sapore caratteristico; quella delle robinie, che dà il miele d’acacia, poco più che bianco o paglierino, di sapore delicato e floreale; quella dei castagni, per un prodotto ambrato più o meno scuro, intenso e leggermente amarognolo; quella dei prati, dalla primavera all’estate, cui si deve il millefiori, di colore più o meno chiaro a seconda della varietà, e sapore gustoso. Infine, caso a se stante, il miele di melata, che le api producono non da polline ma da una secrezione zuccherina derivata dalla linfa, di colore piuttosto scuro e sapore corposo.

Festa della Cincionela Co' la Rava 2013

L'amministrazione comunale della città di Chiampo è lieta di presentare anche quest'anno la Festa della Cincionela Co' la Rava organizzata dalla ProLoco con l'aiuto dei Comitati di Quartiere e del Comune di Chiampo. Essa ha lo scopo di promuovere uno dei nostri prodotti De.Co. legati alla tradizione culinaria del territorio, in un contesto festoso di musica, mercatini agroalimentari locali ed hobbysti.
 
Per questa edizione negli stands del palatenda si proporranno due novità : un Menu' dedicato ai bambini ed il  Risotto con l'ottima Cincionela Co' la Rava che ricordiamo essere prodotta dalle macellerie della nostra città, che in un clima di collaborazione reciproca, riescono a dare senso e continuità alla manifestazione.
Nello stesso periodo, per l'occasione, nei ristoranti del territorio aderenti all'iniziativa sarà possibile degustare menù con protagonista la Cincionela Co' la Rava.  In concomitanza alla festa si svolgerá la competizione di Rally Memorial Dal Grande.
manifestocincionela2013

Club Rotary a cena con i prodotti deco

Si terrà questa sera a Trissino presso il ristorante del Sirio Hotel Life,  la cena conviviale dei club ROTARY VALLE AGNO  e ROTARY  VAL CHIAMPO, a base di prodotti del territorio e in particolare di prodotti de.co, accompagnati da vini Masari e Dalle Ore.  
Chef della serata sarà Amedeo Sandri.

 

Bozza di menu

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Il Girolimino ora è un dolce

L´idea originale di un panificio che ha sedi nell´Alto Vicentino. Le tre sorelle Gasparini hanno utilizzato l´antico e celebre liquore dei frati del Summano in una torta. E hanno creato i cioccolatini ripieni, i “Cioccolimini”

Il liquore dei frati girolimini ispira una torta e finisce come ripieno nei cioccolatini. Giovanna, Sabrina e Elena Gasparini, dell´omonimo panificio con sede centrale a Piovene Rocchette e negozi anche a Schio, Zanè e Thiene, hanno elaborato alcuni prodotti dolciari, utilizzando farina di mais Marano e il liquore che i frati del Summano cominciarono a produrre alcuni secoli fa (la loro presenza è testimoniata fin dal 1452), anche se la prima certificazione risale solo al 1892, quando Francesco Zanella, produttore della birra Real Summano, acquisì il complesso di Riva dei frati, abitato fin dal Medioevo dai girolimini. Ed ecco che la storia si fa leggenda. Durante gli interventi di restauro, gli operai recuperarono un breviario contenente, fra le altre cose, la ricetta di un liquore d´erbe. Zanella ne fece dono al priore dell´ordine religioso, Luigi De Stefanis. Il frate non sa dove mettere le mani e si affida a quelle sapienti di due farmacisti di Schio, Marco Saccardo e Cesare Zanella (un cognome che si ripete ma si tratta di personaggi non imparentati fra loro), che ne perfezionano la ricetta ed espongono il liquore alle mostre internazionali dell´epoca, ottenendo una medaglia d´oro all´Expo di Parigi del 1900 e il medesimo riconoscimento a Roma e Venezia nel 1902, in occasione di esposizioni di grande rilievo. Negli anni Trenta la ricetta torna a casa e i girolimini ne continuano la produzione sino al 1948, quando frate Francesco Gruba la cede definitivamente a Renato Zanella, che andrà avanti sino al 1991. Da qualche anno il liquore è tornato nei negozi, nella sua versione originale, imbottigliato dallo stabilimento Zanin di Zugliano.
La storia del girolimino s´interseca con quella della ditta Gasparini, fondata da Marco nel 1971, quando acquistò un forno tedesco per la bella somma di 18 milioni di lire. Da allora ha compiuto passi da gigante assieme alla moglie Anna e alle tre figlie, cui si sono aggiunti i tre mariti e una quarantina di dipendenti fra produzione e vendita. Tocca a Sabrina spiegare questo matrimonio con i frati orsiani: «La torta è un´idea di mio marito, Gianluca Rudella, che fa il pasticcere, il quale ha voluto coniugare la sua passione diventata professione con la tradizione dei liquori d´erbe, molto diffusi dalle nostre parti. Volevamo un prodotto che si mantenesse un po´ senza però usare conservanti». La torta viene prodotta utilizzando una farina di mais Marano macinata a pietra, «grezza come quella di una volta», spiega Sabrina che invita a cospargere sul dolce qualche goccia di liquore. La farcitura è di nocciola e di girolimino, che a breve sarà il protagonista pure dei cioccolatini ripieni, le cui materie prime saranno appunto il cioccolato fondente, miele e l´elisir dei frati. Si chiameranno “cioccolimini”.
«Ci piace legare la storia e la tradizione del nostro territorio a quello che facciamo, partendo dallo studio e la ricerca degli ingredienti sino ad arrivare alla confezione», spiegano le tre sorelle.

fonte, IL Giornale di Vicenza , Mauro Sartori 

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