I bigoli con il ragù d´anatra, in dialetto bigoli co´ l´arna, sono un piatto tipico dell´Alto Vicentino, in particolare della zona di Thiene e Zanè, ma ormai diffuso in tutta la provincia. È il piatto della festa del Rosario, solennità istituita appunto il 7 ottobre da papa Gregorio XIII nel 1573 sotto il titolo della Beata Vergine del Rosario, per ricordare la vittoria della flotta della Repubblica di Venezia a Lepanto contro i turchi, il 7 ottobre 1571. Vista la coincidenza della festa del rosario e dell´anniversario di Lepanto, si può inpiduare nei bigoli co´ l´arna il piatto commemorativo di quella vittoria militare, senza la quale la Storia avrebbe preso un´alta strada e - probabilmente - oggi anche il Veneto sarebbe musulmano. E addio al maiale, adorato in particolare da queste parti...
Protagonista della ricetta, che quest´anno ha ottenuto la certificazione “de.co.” dal Comune di Zanè, è l´anatra, volatile che un tempo si trovava in ogni corte della zona: nei censimenti degli anni Trenta ne sono indicati migliaia di esemplari, e i polastrari locali erano conosciuti e rinomati in tutta la Pedemontana vicentina.
L´anatra, cui prima vengono tolte le ali e le zampe, mentre il fegatino, il ventriglio e le altre frattaglie sono impiegati per la preparazione del ragù, viene fatta bollire in abbondante acqua salata, con aggiunta di carota, cipolla, sedano e chiodi di garofano per ottenere il brodo. Il condimento prevede invece l´utilizzo della parte più nobile del volatile: un trito di cuore, ventriglio, fegato ed altre frattaglie, cui può essere aggiunto il petto dell´anatra ed anche una piccola quantità di passata di pomodoro, è fatto rosolare nel burro aromatizzato con alcune foglioline di salvia. La carne lessata è servita in tavola come secondo piatto, accompagnata dal cren.
Nel brodo di cottura un tempo si facevano cuocere i bigoli, preparati con un impasto che richiede semola di grano duro, farina di grano tenero e uova, e trafilati a mano con il torchio. Usanza che oggi viene poco seguita, soprattutto per ragioni dietetiche, come spiega Michele Guerra, titolare della “Trattoria Verdi” di Zanè: ora i bigoli vengono fatti cuocere in acqua e sale. «Da quando mio nonno aprì il ristorante, nel lontano 1905 - spiega Michele Guerra, che ora ha passato le redini al figlio Enrico - questo piatto è presente stabilmente nel menu, anche se rispetto al passato la ricetta è stata parzialmente modificata. Ibigoli, prodotti con il bigolaro (il celebre torchio manuale montato su cavalletto) non vengono più cotti nel brodo ma in acqua e sale, così risultano più digeribili. Per quanto riguarda invece il sugo, noi spolpiamo l´anatra e per preparare il condimento usiamo solo il petto, il fegato, cui aggiungiamo, oltre alla salvia, al rosmarino e ai chiodi di garofano, anche mezza stecca di cannella».
L´anatra che viene sacrificata a questo piatto (di non facile preparazione) è un esempio dell´importanza che avevano gli animali da cortile nella gastronomia: un altro piatto che trovava da ottobre in poi la sua celebrazione è l´òco in ònto, detta anche carne de òco nel pignato. Era un modo di conservare la carne dell´oca, messa sotto sale a quarti per poi poterla consumare nell´imminente inverno; dell´oca, naturalmente, era anche apprezzato il fegato (figà in dialetto), ma la sua carne andava ad arricchire anche un primo piatto tradizionale, ottenendo la variante di risi, bisi e oco.