IL GIORNALE DI VICENZA
Domenica 28 Settembre 2008
IL PIATTO. AL RISTORANTE “AL TORCIO” UNA CREAZIONE CHE METTE ASSIEME COLORE E GUSTO
LA TROTA ROSA DEL CHIAMPO BRILLA SUL NERO DEI TAGLIOLINI
E il sindaco di Altissimo vuole valorizzare questo pesce attribuendogli la “De. Co.”, seguendo l’idea di Gino Veronelli
L’idea è di Agostino Dal Lago, titolare del ristorante “Al Torcio” di Chiampo. Valorizzare i tagliolini al nero di seppia, piatto altrimenti usuale, con un doppio gusto locale. Sono nati così i “tagliolini al nero di seppia con trota fario del Chiampo e piselli”. È un piatto anzitutto gradevole all’occhio: il rosa della trota brilla sul nero dominante, mentre il verde dei piselli completa l’accordo cromatico.
Il sapore delicato della trota assieme al dolce dei piselli si amalgama perfettamente con il gusto della pasta, virata al nero del mollusco. L’inchiostro, arma difensiva della seppia, diventa così il fondo che è punteggiato dagli altri due colori. Un’idea carina, che piacerebbe a un artista: chissà cosa ne avrebbe tratto Andy Warhol se avesse visto questa composizione, lui che ha trasformato una semplice lattina di Coca Cola (oppure l’anonima minestra in scatola Campbell’s) in opere che hanno cambiato l’arte contemporanea.
Dal Lago, che lavora al ristorante di famiglia con il figlio Luca e la moglie Serenella, con questo piatto ha dato un serio contributo alla valorizzazione di un prodotto del territorio. Il s indaco di Altissimo, Liliana Monchelato intende, infatti, assegnare alla trota del Chiampo la “De. Co.”, cioé la “Denominazione Comunale”, quel marchio che attesta l’origine del prodotto e ne preserva, se non la qualità, quanto meno la originalità. Che della qualità è madre. Liliana Monchelato era presente alla degustazione organizzata "Al Torcio” assieme ad altri ospiti, tra cui il collega di Chiampo, Antonio Boschetto e alcuni esponenti della Confraternita del Baccalà: Renato Cecchin, Lina Tomedi, Luciano Righi, Giuseppe Sbalchiero.
Il quesito, posto da Cecchin ai conf! ratelli, era preciso: è necessario un piatto, da servire come entrèe, prima del baccalà, che prepari palato e stomaco al più complesso gusto della stoccafisso, oppure no? Il dubbio, poco amletico ma assai intrigante, gastronomicamente parlando, non è stato risolto.
La signora sindaco è assai decisa a proseguire sulla strada della “De. Co.”, sfruttando le potenzialità di un’idea, lanciata da Gino Veronelli, sulla quale oggi credono in parecchi in Italia. Sono 400 i Comuni ad aver tutelato i loro prodotti con una “De. Co.”: 56 di questi sono nel Veneto e 15 nel Vicentino. Nel Veneto, la provincia più sensibile è Verona, con 27 Comuni.
La “De. Co.”, per fare un esempio, serve a evitare che altri Comuni che non siano Colonnata, frazione di Carrara, spaccino come tale un lardo diverso da quello prodotto nel celebre borgo. Serve a certificare che il riso di Grumolo delle Abbadesse sia proprio quello prodotto a Grumolo e così via. I Comuni del Vicentino che hanno adottato la Denominazione sono: Asigliano (radicchio), Creazzo (broccolo, fichi), Grumolo (riso), Laghi (ortaggi), Lusiana (carne secca), Marano (mais), Montorso (composte), Posina (fagioli, patate), Recoaro (acque, gnocchi), Rotzo (patate), Tonezza (patona), Villaverla (clinto). In via di valutazione sono Altissimo (la trota fario, i formaggi), Longare (piselli di Lumignano), Montecchio Maggiore (mostarda).