IL MELO COTOGNO – IL FRUTTO
Il frutto del melo cotogno è simile ad una mela, dalla forma globoide irregolare, dalla superficie tormentata e particolarmente pelosa, di colore verde a maturità commerciale e giallo ceroso a maturità scientifica. Ha un polpa granulosa, dura e un sapore molto allappante, aspro, il frutto non è gradevole da mangiare, si utilizza quindi per la preparazione di confetture, gelatine, mostarde oppure per distillati e liquori.
Il frutto del melo cotogno non è però privo di zuccheri che si presentano durante e dopo la cottura nella preparazione delle confetture dove la polpa assume una grande dolcezza liberando un intenso profumo di miele, non a caso il nome greco del frutto tradotto significa “mele di miele”, mentre in portoghese marmellata assume il nome di “marmelo” che significa anche melo cotogno.
Nel Medioevo il frutto veniva usato per profumare ed insaporire le carni. Precedentemente alla diffusione dello zucchero raffinato avvenuto alla fine del 1700, la confettura semisolida di mele cotogne è stata uno dei pochissimi cibi dolci facilmente reperibili, conservabili ed economici a fronte del miele, che era però, costosissimo.
Al frutto del melo cotogno gli antichi attribuivano notevoli doti medicinali; anche oggi vengono riconosciute proprietà antinfiammatorie dell’apparato digerente, è inoltre un antibatterico oltre che idratante per le malattie dell’epidermide. Il frutto, deposto negli armadi era ed usato per profumare la biancheria.
In virtù delle caratteristiche succitate, a Montecchio Maggiore in un recente passato e forse ancora oggi, il frutto del melo cotogno veniva posto in una teglia ricoperta sotto le braci e la cenere ancora calde del camino durante la notte; al mattino sprigionando tutte le sue squisite proprietà diventava golosa colazione per i bambini e anche per gli adulti, specialmente anziani.
Le donne fortunate che lavoravano alla fabbrica Boschetti, carpiti i segreti per fare la Mostarda Vicentina la confezionavano in casa arricchendo così il povero pasto quotidiano.
LA FIERA DELLA MOSTARDA – UN PO’ DI STORIA
La Città di Montecchio Maggiore conserva un rapporto indissolubile e particolarmente caro con la Mostarda Vicentina tale rapporto è legato, non solo alle sue pregevoli caratteristiche gastronomiche, ma al ricordo degli anni molto difficili e tristi a cavallo della II° Gerra Mondiale, quando una storica e grande azienda alimentare “la Boschetti”, oggi purtroppo trasferita, dava lavoro se pur stagionale, ad una gran parte della popolazione femminile Montecchiana, aiutando a risolvere, o meglio risolvendo, i non pochi problemi di sopravvivenza quotidiana. Oggi della grande fabbrica resta la monumentale ciminiera, recentemente restaurata dall’Amministrazione Comunale, che svetta all’ombra dei Castelli di Giulietta e di Romeo, testimone anche dei tempi in cui la sua sirena, con il lugubre e potente suono, scandiva le ore non solo per i dipendenti ma per tutta la popolazione Castellana. Oggi un’altra prestigiosa azienda locale “La Nuova Tradizione” si è cimentata nella produzione della Mostarda Vicentina, rinnovando antiche tradizioni e risvegliando ricordi nella nostra Città.
In un recentissimo passato, nel dicembre del 2008, l’Amministrazione Comunale, decide di dare timidamente vita, in concomitanza dei Mercatini di Natale, alla prima Fiera della Mostarda Vicentina, apprezzabile idea volta alla riscoperta delle nostre tradizioni gastronomiche. Partecipano fin dalla prima edizione e ci sostengono generosamente anche oggi, quattro prestigiose aziende che rappresentano una significativa realtà nella produzione della Mostarda Vicentina: Boschetti di Ronco All’Adige, Lazzaris di Conegliano, Facci di Altavilla Vicentina e Nuova Tradizione di Montecchio Maggiore.
Negli anni 2009 e 2010 la Fiera si consolida anche con attività collaterali (come la “Mostarda alle Priare”, ameno sito ipogeo, in prossimità dei castelli di Giulietta e Romeo) rivelandosi così una manifestazione che varca i confini della provincia di Vicenza e della regione Veneto. Nel dicembre del 2010, una delibera del Consiglio Comunale, approvata con l’unanimità dei consensi, conferma il protocollo che sancisce la Denominazione Comunale della Mostarda Vicentina e suggella così il primo prodotto DE.CO. del Comune di Montecchio Maggiore. Nello stesso anno si stabilisce che la data tradizionale della Fiera sia fissata nella I° domenica d’Avvento di ogni anno; si consolida anche il rapporto di amicizia con i “Montecchi d’Italia”: Montecchio Emilia, Montecchio Precalcino e Montecchio Terni che da quest’anno partecipano alla Fiera con i loro tipici prodotti.
Nel 2011 le premesse si preannunciano assai promettenti, e anche grazie all’entusiasmo del Sindaco Milena Cecchetto, degli Assessorati alla Cultura, alle Manifestazioni e all’impegno dell’Amministrazione Comunale di Montecchio Maggiore, si è rinvigorito e consolidato il rapporto di fiducia e collaborazione con la Pro Loco Alte Montecchio. Si sono profuse le idee e le risorse necessarie per avviare quel processo organizzativo che porterà la Fiera della Mostarda Vicentina ai più alti livelli delle manifestazioni enogastronomiche Nazionali e…perché no…Internazionali.
Perseguendo quest’ottica, una serie di fortunate circostanze ci hanno portato ad una significativa quanto importante collaborazione con la locale Cantina Colli Vicentini che ci permetterà di abbinare il Durello, pregiato e riscoperto vino della zona, che fa parte del Consorzio di Tutela del Vino Lessini Durello D.O.C….e quindi, la nuova denominazione è
“IV° FIERA DELLA MOSTARDA VICENTINA…COL DURELLO”
Il primo e significativo risultato di quest’accordo permetterà lo svolgimento della Fiera nell’area della Cantina Colli Vicentini in un prestigioso padiglione conosciuto come Paladurello. E’ quindi storia di questi giorni l’impegno di Tutti per portare sempre più in alto la Mostarda Vicentina, il Durello e le loro tradizioni.
ODE ALLA MOSTARDA
Os… se la beca! La va drio el fià!
La beca en ‘tel naso, la pela la lengoa,
la pissega in gola, la fa lagrimar!
che gusto i ghe cata a magnar la mostarda
nessun lo capisse, ma tuti i lo fa.
Mi digo che xè par fare compagno
No serto mi credo che sia par bontà.
Or eco ve digo in pochi minuti
Segreti, ingredienti, sapori e costumi;
no xè na finsion, xè vero ve digo
la vera mostarda xè fata de pomi.
No steghe scoltar i francesi o i anglicani
Che i dise “mostarda”ogni roba che beca,
la nostra invesse xè sempre la stessa,
fata co’ pumi, co’ piri e anca i codogni.
Os… se la beca! La va drio el fià!
La beca en ‘tel naso, la pela la lengoa,
la pissega in gola, la fa lagrimar!
Se ciapa sta roba on poco crueta
Se taja a tocheti e cusina nel vin
Par essar sicuri xè mejo vin santo
Ma anca quel dolse o spumante va ben;
On poco de sucaro e qualche spezietta,
se speta mezz’ora che la vegna fredeta,
al donche ghe semo e desso ste tenti
a metar la seneve state prudenti:
Xe pronta, xe bela, la pissega on po’
spetemo na s-cianta, o anca no;
la mostarda xe pronta, soto chi toca
no ghe vole corajo a metarla in boca.
Os… se la beca! La va drio el fià!
La beca en ‘tel naso, la pela la lengoa,
la pissega in gola, la fa lagrimar!
E tanta delissia come se magnela…
Anca so posta, ma in compagnia bela…
Col lesso, coa lengoa e anca el coessin;
insieme al formajo vecio o morlaco;
ma se serchè… el mejo… xe qua mascarpon
che rende la nostra ‘na crema speciale
da metare insieme al paneton de Natale.
Os… se la beca! La va drio el fià!
La beca en ‘tel naso, la pela la lengoa,
la pissega in gola, la fa lagrimar!
De ani ghin’ passa, e tanti mi digo,
adesso sta roba la pare un intrigo.
I siuri de desso i xe tanti de pì
Ma i magna diverso sempre manco cossì.
La pora mostarda, adesso de più,
Me pare ‘na roba dei tempi che fu,
ma riva la Fiera, e pian pianpianelo
xè serto la porta in piassa el mestelo;
Os… se la beca! La va drio el fià!
La beca en ‘tel naso, la pela la lengoa,
la pissega in gola, la fa lagrimar!
Soto ai castei oramai, chi varda
Cata Montecio sità de mostarda,
ma gran novità co’ nantri da st’ano
ghe xe altri monteci che parla italiano
noi siamo contenti e verso di loro
apriamo le porte del nostro tesoro
sicuri che adesso in piazza Marconi
troviamo l’Italia di quattro comuni
Montecchio d’Emilia, Montecchio Ternano,
Montecchio Preclaro e poi il Castellano
Si sentono amici, si sentono fratelli
E da oggi si credon anche più belli.
P.S. Le ultime strofe sono state aggiunte nel2010 inonore ai Montecchi d’Italia
(Pro Loco Alte Montecchio 2011)